I buoni motivi per chiedere la pizza UNESCO Sul sito di Change.org si possono leggere le motivazioni della richiesta: culturali, ma anche economiche. Motivazioni che sono state illustrate in un incontro presso Rossopomodoro, all’interno del Brian&Barry Building in San Babila a Milano, dal promotore della petizione, Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione Univerde.Insieme a lui sono intervenuti Franco Manna (Presidente di Rossopomodoro), Fortunato Trezzi (Vice Presidente Regione Lombardia di Coldiretti), Elena Dell’Agnese (Vice Presidente Unione Internazionale dei Geografi) e Gino Sorbillo (Maestro Pizzaiolo). A moderare l’incontro, Vincenzo Pagano, autorità riconosciuta e ora testimonial riconoscibile in campo pizzario dopo gli assaggi realizzati per la puntata di Report. Sono già state raccolte (quasi) 30.000 firme online, e altre 20.000 circa attraverso Coldiretti, ha dichiarato Trezzi che vorrebbe sempre e solo prodotti italiani per la pizza. Le firme verranno portate, assieme a quelle che si aggiungeranno nei prossimi mesi, alla commissione italiana per l’Unesco nei primi mesi del 2015 affinché proponga l’inserimento dell’Arte della Pizza nella “Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. In tempo per l’Expo 2015 che potrebbe aiutare a diffondere la petizione a livello mondiale in modo da arrivare alla proclamazione nel 2016. Come ha sottolineato Pecoraro Scanio, “il fenomeno pizza ha avuto negli ultimi dieci anni un boom, tanto da diventare la pietanza più consumata nel pianeta”: solo in Europa ogni anno si vendono 3 miliardi di pizze surgelate. Ma di fronte alle imitazioni, alle “degenerazioni” – a Chicago ci sono pizzerie che spiegano come la pizza sia nata proprio lì – è necessario una tutela che restituisca l’obiettività storica. E il primato italiano”. “50 mila firme sono uno straordinario successo che fornisce il termometro del gradimento del pubblico”, spiega Alfonso Pecoraro Scanio. “Ci sono altre candidature italiane immateriali di prestigio, ma L’Italia può avanzarne una sola e crediamo che quella della Pizza sia vincente per tutto il nostro Paese”. Convinzione che rilancia Franco Manna: “L’obiettivo è chiarire la centralità della persona, dell’artigiano pizzaiolo, nel processo di realizzazione di un prodotto che resta unico nella sua creazione anche per Rossopomodoro. Il riconoscimento di questa arte ci aiuterà a proteggere la pizza dai fenomeni di italian sounding che necessitano di continue risposte”. Il quadro di diffusione della pizza, declinata in mille avarianti all’estero, tracciato da Elena Dell’Agnese non lascia dubbi sulla necessità della tutela della pizza: “In un certo senso è vero che la pizza è stata inventata negli Stati Uniti se si considera la “loro” pizza, ovvero una pizza standardizzata che è diventata uno dei caposaldi della globalizzazione con catene come “Pizza Hut”, a cui non abbiamo saputo contrapporre con la stessa efficacia una Pizza Napoli”. (Tratto da Scatti di Gusto)